Quattro chiacchiere con Ricky Portera

Sentirti suonare la chitarra sembra che lei sia posseduta dal tuo spirito…
Quando hai sentito la prima volta di appartenerle?

Non sembra, è così!
La chitarra mi si è incarnata piano piano, non era uno strumento che avrei voluto suonare, io volevo essere un batterista. Ma con tanta violenza, mia madre mi ha portato verso questo strumento, spaccandomi una chitarra in testa perché non volevo studiarla. Poi, mi sono innamorato di questo strumento conoscendolo, ed è nato l’amore. Suonare è un prolungamento di noi stessi, di quello che siamo dentro.
Esistono due situazioni particolari, c’è chi suona uno strumento per suonare, e c’è chi fa musica. Io penso di appartenere alla seconda, perché il mio è un modo di esprimermi, è come se io parlassi, se raccontassi qualcosa, come se mi rivolgessi a qualcuno. Io non suono mai per me stesso.

A tuo modo di vedere, è più importante la tecnica o lasciarsi andare all’istintività?

Bisogna prima di tutto conoscersi, se non conosci te stesso non puoi far conoscere agli altri quello che tu non sai. Bisogna fermarsi un attimo e capire chi siamo, come viviamo, si suona in base al tipo di vita che si fa, queste cose non sono scisse tra di loro.

La tua chitarra un po‘ “sregolata”…

E’ come la mia vita!

Che importanza ha la musica?

Per me è tutto. Privarmi della musica è come levarmi la parola, come se mi staccassero il cuore, se non potessi più comunicare con nessuno. Fa parte di me, ce l’ho dentro, non si può staccare.

Tu però hai inciso pochi album.

Io non amo fare cd, oramai è finita la musica intesa in questo senso, chi vende non si sa più chi sia, non esiste più una regola. Fare un cd per vendere non esiste, a me interessa avere un pubblico davanti.

Ritieni che i cd siano troppo manipolati tecnicamente o dal mercato?

No, assolutamente. E’ che il cd oramai lo conosciamo, io,tu, la mia mamma e le mie figlie. Se ci fai caso, non esistono più trasmissioni televisive musicali, ora abbiamo
“Amici” e “X Factor”, basta!
Sappiamo tutti quanti che è un gioco di potere e niente altro. Siano comunque benvenute comunque queste trasmissioni che fanno scoprire personaggi giovani, nuovi, ma mi dispiace che sono artisti che lasciano il tempo che trovano. Purtroppo non si costruisce un personaggio come si faceva trent’anni fa che poteva durare. E’ un fenomeno che dura solo una stagione.

Credi che rubino spazio alla vendita dei dischi di chi si impegna e studia la musica da tutta una vita?

Ritengo che la vendita di un disco sia una cosa talmente misteriosa…
Poi, lo si deve conoscere, il veicolo per farlo conoscere oggi manca. Sai meglio di me che oggi se vuoi passare da una radio di quelle che “contano” devi investire un sacco di denaro.Una volta venivano loro da noi i responsabili delle radio, pregandoci di dargli i nostri dischi, li volevano in anteprima, ce li avrebbero messi in onda cinquanta volte al giorno, poi, una volta preso potere…
E’ un po’ come il rapporto con le donne, all’inizio tutto magnifico e poi cominciano ad avere le pretese. Questo è un grosso errore, perché se tu fai vendere più a me, poi lavori di conseguenza anche tu di più. Per questa cosa non ascolto nemmeno più le radio,mi dispiace.

Credo però che si stia muovendo qualcosa in questo senso, come l’artista Sergio Caputo, che si sta battendo con diversa pubblicità contro questa realtà. Un altro è Gianni Togni, e se poi, uno più uno più uno…

Mi stai parlando di artisti che sono scomparsi dal panorama musicale.Le guerre fatte da chi è stato oramai dimenticato, sono guerre che vanno nel dimenticatoio.
Oramai non esistono nemmeno più le case discografiche, non esiste più quel mondo.
Se ne avrei i mezzi io rifarei quelle cose come il Cantagiro, girare l’Italia con tanti artisti. Oramai Ci sono solo Vasco e Zucchero e altri quattro o cinque artisti, invece io li chiuderei gli stadi. Capisco che quando uno guadagna milioni di euro, tornare a percepirne migliaia sia tornare indietro, ma bisogna iniziare a responsabilizzarli. Se la musica tornasse nei piccoli spazi, porterebbe un sacco di lavoro a tutti, a chi lavora nei locali e ai musicisti. Adesso non lavora più nessuno, specialmente con l’avvento delle Tribute Band.
Io sono invitato a suonare nelle Tribute Band di Vasco, dei Queen, dove facciamo gli imitatori, facciamo delle cose inutili, se voglio ascoltarli, preferisco guardarmi un bel video, non sentire qualcuno che canta come loro, o vestiti come loro. Quando vado a suonare in giro e chiedo cosa vogliono sentire, non fanno altro che chiedermi Vasco, io posso anche capire ma ci sarà pure un limite a questa cosa, troviamolo prima che il limite trovi noi, non dobbiamo lamentarci poi se arrivano dall’America dall’Inghilterra, è normale. Lì c’è un pubblico talmente educato che se va a sentire una Band, se gli piace rimane, se no esce, e se ne va via, non rimane lì a fargli fare ciò che vuole lui. Solo così le Band e gli artisti hanno modo di crescere, sperimentano, iniziano a fare il proprio pubblico, e da lì nasce tutto quello che può essere il suo futuro. Certo che se noi giriamo cinquanta locali, e in tutti si suona solo e sempre le solite cover, finisce tutto, finisce il gioco, è il declino totale della musica.
Quand’ero ragazzino ricordo, che con la mamma uscivamo, e andavamo nel negozio di dischi, ed ogni sabato compravamo tre-quattro trentatrè giri e tornavamo a casa ad ascoltarli, ogni settimana.

Figlio d’arte?

No, no…mamma è stonatissima, ha provato a suonare la fisarmonica ma non c’è riuscita.Papà era maresciallo dei carabinieri. Alla mamma è sempre piaciuta la musica, quindi mi ha spinto. Noi aspettavamo con la bava alla bocca questi dischi, c’era questa curiosità per sentire questi gruppi che arrivavano, queste band inglesi, adesso è finita.
Io , se voglio ascoltare musica vado a sentirmi quella degli anni settanta, non di certo i Modà o Negramaro, le cafonate del genere mi sembrano tutta una farsa.
In Italia abbiamo avuto i cantautori che hanno dato una bella svolta alla musica,ma ne sono stati anche la rovina, perché a parte Lucio Dalla, non perché ho lavorato con lui, ma perché non erano musicisti , erano poeti, ed hanno sacrificato la musica per la poesia. Negli anni ottanta hanno iniziato a fare i concerti con dei cachet allucinanti, si era persa la misura, gli artisti non andavano più in giro per venti o trenta milioni, ma addirittura per trecento, o quattrocento. Ricordo che Baglioni usciva per quattrocentocinquanta milioni di lire, è una cosa allucinante, è lì che hanno iniziato ad esibirsi negli stadi e a prendere potere. Ancora oggi abbiamo sulle spalle questa gente che non sono altro che cadaveri.
Non sono contro il cantautorato, non mi piace solo il modo…
Anche Bob Dilan è un cantautore, anche Marc Knopfler, il problema è il modo che non mi piace.

Credi di più al cantautorato di nicchia?

Io non credo più nemmeno a quelli, perché ci hanno fatto credere che ognuno di noi può diventare una Star senza saper far niente. Oggi c’è questa caccia al protagonismo ti porta a non essere più te stesso. Essere protagonista significa avere un seguito, avere un seguito significa farsi capire, e farsi capire significa avere un certo linguaggio. Ad un ragazzo oggi non puoi dire “Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole…”, si mettono a ridere,non lo capiscono. Però abbiamo questi geni fatiscenti che cantano “Baciami…levami gli slip…”, è diventato tutto vergognoso e prorio fatiscente. Una volta io mi divertivo a suonare le canzoni di De Gregori, di Finardi, di Ron, ma io non suonerò mai dei brani dei Modà, non lo farò mai. Non mi dicono niente, non hanno un senso logico, non c’è musica, non c’è poesia. Non c’è limite al peggio, ma il problema è che oramai ci siamo abituati.

Sei una donna, ma non lo sai…

Questa frase ha fatto il giro del mondo oramai. Era Lucio Dalla che aveva queste fantasie, evidentemente a lui divertiva questo mio lato femminile che è molto spiccato, per la mia vanità, il mio egocentrismo, il mio narcisismo che è abbasta eloquente e si vede a distanza. Lui giocava molto su questa cosa, e ogni tanto esordiva con questa frase.

Tu ti consideri un po’ immaturo e spontaneo. Ti ha penalizzato questo tuo essere, nel mondo dello spettacolo? Avresti voluto essere più “normale?”

Cos’è la normalità?
Se suono come suono è perché ho cercato di capire come sono nel bene e nel male, non mi cambierei di una virgola. Forse ho sbagliato a non essere un”figlio di puttana”, mi hanno dedicato appunto una canzone, io lo ero nel lato buono, invece forse avrei dovuto essere più determinato, a volte non bisognerebbe aver paura di calpestare qualcuno. Io vado sempre a letto tranquillo, e mi guardo allo specchio senza vergogna. Non ho mai intralciato la strada di nessuno, non ho mai fatto del male, questo per me conta tantissimo.

Cosa ti ha lasciato come insegnamento Lucio Dalla? 

Lucio mi ha insegnato le cose che potevo fare e anche quelle che non dovevo fare.
Non sempre i maestri però sono infallibili, e lui quando era scorbutico, lo era a livelli sovrumani, è naturale che se uno crede in ciò che sta facendo, e se per come lo fa ha ottenuto dei risultati, è giusto che difenda a tutti i costi il suo pensiero, anche a costo di mandare a quel paese qualcuno. Questo ho imparato da lui, anche se non fa parte della mia indole essere così cinico a volte. Io ho sempre avuto un gran rispetto di Lucio ed ho imparato cose che la mia umiltà mi ha portato a chiederle di insegnarmi, io non credo ci si debba vergognare o provare umiliazione, anzi, non fa altro che accrescere la mia mente. Io sono Buddista e tutto ciò che riesco a creare di positivo nel mio karma poi so che mi ritornera` indietro.

Cosa hai imparato invece da Lucio Battisti?

Lucio Battisti è uno dei pochissimi artisti che non ho conosciuto. Lo conosco per sentito dire, per gli aneddoti raccontati da chi lo conosceva, con l’occhio di chi lo vede dal di fuori.

Cosa è cambiato, se lo è, nella capacità di ascolto della musica, da parte del pubblico in questi anni?

Non c’è più l’educazione alla musica, solo una piccola percentuale riesce ancora a gustarsi la buona musica. Dobbiamo assolutamente rieducarlo, e se non lo fa la radio, chi lo dovrebbe fare?
Proviamo a pensare a un meccanico che lavora dieci ore al giorno, al fornaio che lavora di notte, loro accendono la radio ed ascoltano di riflesso, è così. Dovrebbero essere i Media a proporre, si chiamano appunto così perché sono intermediari tra gli artisti ed il pubblico. E poi non voglio parlare di quegli speaker che dicono un sacco di cavolate, la radio è fatta per trasmettere la musica, e ogni tanto trasmettere qualcosa di importante. Siamo alla decadenza completa.

Da dove ti è venuta l’ispirazione di chiamare il tuo cd “Fottili?”

Il mio “Fottili” è rivolto alle istituzioni. Abbiamo una cifra esorbitante di evasori fiscali, tutta gente che ha fatto carriera…
Se io devo dare i miei soldi a chi me li ruba, io non glie li voglio dare…e allora, fottili!!! Noi siamo ancora quelli che pagano il bollo della macchina, oggi chiamata tassa di proprietà, noi riceviamo una multa dall’Europa per questa tassa che non dovremmo avere. L’Italia probabilmente pensa che, se può guadagnare dieci, e paga uno di multa ne guadagna comunque nove, quindi, secondo me, sono dei delinquenti autorizzati. Se possiamo fotterli, facciamolo, in tutti i modi, se lo meritano. Sono stati liberati dei mafiosi per decorrenza di termini, ma stiamo scherzando? A noi invece arrivano a casa delle bollette, e se ti dimentichi di pagarle ti minacciano, bisogna proprio rivedere tutto.
Chiami un Call Center e ti arrabbi, sempre che ti rispondano e che trovi il numero del servizio che ti serve, e alla fine loro non c’entrano…ma chi c’entra?
Io per non pagare il bollo dovrei prendermi un avvocato e fare causa alla Commissione Europea, ma se prendo un avvocato mi costa minimo cinquemila euro, per risparmiarne cinquecento di bollo, e loro si giocano su questo.
Ci stanno prendendo in giro da tutte le parti. Noi abbiamo bisogno di persone che ci tirino la cinghia, ma che la tirino in maniera positiva, che ci facciano soffrire, ma per il nostro bene. Noi dobbiamo sempre pagare, pagare…e loro sono ancora lì, quelli che ci governano, è questa la cosa tragica. Questo mi fa venire voglia di ribellarmi, e se comincia uno poi gli altri gli andranno dietro, perché siamo veramente stanchi. Io pago volentieri se mi dai un servizio, ma tu non mi dai il servizio, e io devo pagare, quindi fottili, come puoi. Oggi la vera ricchezza è non possedere niente.

Parliamo di un altro cd adesso, quello che hai inciso con Alberto Radius…

Questo è stato un grande desiderio, quello dopo trent’anni con Lucio, di vedere un po’ le cose a modo mio, in una veste diversa che rispettano la mia mentalità. E’ stato un gioco sia da parte mia che di Alberto per rivedere dei mostri sacri un po’ a modo nostro.

A chi è venuta l’idea di questa collaborazione?

L’idea è venuta a me. Ci siamo trovati a fare un concerto a Trani che si chiamava  
“A cena con Lucio” assieme ad una Tribute Band che faceva sia Battisti che Dalla.
Ad un certo punto ci siamo domandati “Ma perché non ci mettiamo insieme e facciamo un disco, mettiamo cinque canzoni di Lucio Battisti e cinque di Lucio Dalla, e due delle nostre”, così abbiamo fatto.

Cose nuove in lavorazione?

In questo momento no, voglio fare solo serate, ho proprio necessità fisica di suonare.

B.B. (da racconti di una Balena Blu)



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