Un incontro straordinario con… Carmelo Librizzi

Ho conosciuto Carmelo Librizzi per caso.
Mi ha colpito il suo viso che sa di arte, di musica, di amore per la natura. Ho visto nel suo sguardo la voglia di comunicare. Ho visto la stanchezza di chi ha dato molto, forse troppo senza mai avere, ma anche la consapevolezza di chi sa di avere fatto cose belle. 

Ci vuoi raccontare chi è Carmelo Librizzi?

Sono un musicista polistrumentista, e arrangiatore. Ho iniziato sin da bambino a studiare, e di conseguenza a suonare in molti gruppi famosi degli anni 60-70.
Mi sono avvicinato poi al jazz, al free jazz, al teatro d’avanguardia e alla musica sperimentale. In sintesi sono quasi 60 anni che faccio musica e ricerca di espressioni musicali.
La musica la vivo come espressione molto intima, sono un comunicatore, e questo mio carattere mi permette di esprimermi. Non ho mai ricercato di diventare un eccellente musicista.
Vengo dalle balere, ho suonato di tutto, ma il mio scopo è quello di far arrivare ciò che voglio trasmettere. Ci sono molti musicisti migliori di me, ma non importa, io ho il mio stile, e voglio essere coerente con me stesso.
Sono un conoscitore di materia, conosco i marmi, i legni…

Tu già da giovane avevi intrapreso un discorso, quello che oggi è diventato quasi un’esigenza, vuoi parlarcene?

Come tu sai, io provengo da una regione che è la culla dell’arte, e già da piccolo io mi sono dedicato anima e corpo allo studio della meccanica di precisione, allo studio dei metalli, della pietra e dei legni, e l’ho portato avanti assieme allo studio della musica e della scultura e al progetto del mio attuale Parco BUM BUM GA’.
Attraverso lo studio dei metalli sono arrivato alla scultura e all’ arte, fino alla realizzazione dei “TORI” di Carmelo Librizzi, con queste semplici lattine, ho creato una scultura, portando avanti il discorso del reciclaggio, che io sentivo già mio molti anni fa. Dopo cinquant’anni ho ripreso in mano quell’idea che avevo maturato da allora, e sono riuscito a svilupparla.
Sono idee che nascono ogni tanto, ma fanno sempre parte di cose che erano nate in me molti anni fa dal bambino sognatore.

Tu trovi il modo di esprimerti in diverse forme d’arte, non solamente con la musica…

Sì, fino alla follia, nel senso che ne ho fatto un baluardo dei miei sogni, sono uno scultore puro, vengo da mazzetta e scalpello. Mi identifico fortemente come uno scultore arcaico.
Ho preso dei cenni importanti e li ho trasportati a mio modo, nel mio stile. Per farti un esempio, essendo uno studioso della Pietà di Michelangelo, tra bozzetti e bozzettini l’ho studiata per cinquant’anni e l’ho riprodotta in scala e in linea retta, una cosa incredibile, davvero incredibile.

Carmelo Librizzi nasce prima come scultore o come musicista?

Nasco musicista perchè vengo da famiglia di musicisti. Ma ero sin da piccolo attratto dall’inventare, dalla scultura, ma ancora non lo avevo capito.
Nasco come clarinettista, anche se miravo al sax. Avevo dei grandi maestri, che mi dicevano sempre che per suonare bene il sax, avrei dovuto prima passare dal clarinetto, e avevano ragione!
Ma siccome io ero in una stagione dove arrivava la musica dei Beatles….ma chi ci filava se noi arrivavamo col clarinetto in bocca?
Le ragazze mi prendevano in giro, dicendo che suonavo il piffero…quell’affare nero.
Oggi invece ci sono molte ragazze che suonano molto bene il clarinetto , il flauto, il bombardino…oggi è cambiato tutto. Io ero un ragazzo egocentrico.

Quindi per quei tempi, un diverso, uno che pensava ad altre cose e non a lavorare, com’era considerato un artista di quei tempi? 

Era il periodo del dopoguerra, vivevo in campagna di una piccola provincia toscana, e si doveva campare. Vengo da una famiglia di grandi lavoratori, il lavoro era sacrosanto, e quindi iniziai a frequentare le piccole botteghe artigiane, ed ho avuto la possibilità di imparare da grandi maestri, dei geni!
Mi vollero bene subito, anche se non ci davano denari, quella era una stagione storica così.
“Tienimi il ragazzo, anche se non gli dai nulla…va bene lo stesso”, questo gli dicevano i nostri genitori.

Sì Carmelo, così succedeva anche per noi bambine, quando venivamo mandate dalle sarte ad attaccar bottoni, pur di tenerci impegnate, ed imparare qualcosa.

Il paese però mi aprì un po’ le porte da subito, perchè questa musica mi permise di salire sul mio piccolo piedistallo, suonavo nelle orchestrine di allora.
Avevo studiato molto la musica, il maestro mi voleva bene, avevano già visto in me un personaggio diverso, mi portavo dietro la storia di queste botteghe.
Ho vissuto intensamente in un luogo magico, questo ha influito tanto.
Vengo da una gavetta pesantissima, quello che ho imparato dai miei primi trent’anni l’ho pian piano raffinato.
“Ma tè Carmelo che ci stai a fà a Montevarchi uno come te..” mi dicevano quelli del paese, tutta la vita mi hanno rotto le scatole dicendo questo.

Non ti sei mai spostato quindi?

No..poco, molto poco, tant’è vero che poi ho creato il Parco lì vicino.

Parlaci del Parco…

E’ nato quarant’anni fa. Lì non c’era niente, neanche un sasso…
Mi facevo ombra con l’ombrello per scolpire i marmi…
Mi venne in mente un film di Alberto Sordi del 1972, che parla di emigrazione, dove lui sposa una ragazza per procura, e il BUM BUM GA’ era una piccola stazione sperduta di un piccolo paese. Suonava bene musicalmente, ed ho voluto chiamarlo così, perchè amo l’Africa, le percussioni, il jazz. Il nome mi dava ritmo, ed ho pensato “Ecco, questo è il mio BUM BUM GA’”
Nessuno poteva credere che in una modesta campagna adiacente al paese potesse nascere un parco d’arte.
Cominciarono a lasciarmi tutti da solo, prendendomi per un pazzo sognatore. Questo Parco mi è costato molto…
“Venite a vedere il Parco “ dicevo a tutti, ma nessuno voleva venire…Invitavo le scolaresche, ho fatto di tutto, ma nulla, non mi filava nessuno, nemmeno il Comune. Andavo di notte a mettere i volantini nelle cassette della posta, e di giorno attaccavo manifesti.
Questo nome però, anche attraverso il mondo della musica , l’ho fatto rimbombare.
Poi sai, cambiano i ritmi, cambiano le energie, e non ce la facevo più, mi sono rotto un po’ le scatole, e ho continuato per la mia strada.
Ora sono uno degli artisti più rispettati della zona, vengono a visitarlo da tutto il mondo. In questo umile Parco c’è tanta arte. Abbiamo fatto tanti eventi molto belli, ma ora, credo di avere dato così tanto, che sinceramente sono un po’ stanco.
Ho iniziato da zero, ho piantato gli alberi che oggi sono querce, ho seminato dei pinoli che sono dei grossi pini, e alberi da frutta. Sono stato molto bravo ad essere di carattere, questo è vero, però ora sono diventato a volte anche un po’ ombroso, tanto ho fatto per chiedere a tutti di venire a visitarlo, e non venivano mai…ora, quando mi dicono che vogliono venirci, mi arrabbio, e dico no!
La rabbia a volte mi viene, è normale!

Hai trovato nei giovani invece, qualcuno che abbia preso a cuore la tua arte?

Sono stato circondato dai giovani per il carattere che ho, così egocentrico, io i giovani li ho visti crescere là. Io i giovani li invitavo, io non chiedevo nulla, portavo solo via il sudicio, la roba rotta.
Ma non ho trovato nessuno che mi seguisse.
Solo oggi mi scrivono da tutta Italia, si complimentano con me, è vero, è soddisfazione, è anche bello!
Ma so solo io il sudore e l’anima che ho buttato. Io mi sono rincuorato. Sai, bisogna essere forti e utopisti come me. 
Mi sono basato sui grandi maestri, e purtroppo molti di quelli li hanno lasciati morire di stenti. Io, con la mia umiltà, volevo solo un piccolo aiuto da questi Comuni.
Per finire delle opere ho eliminato la serata “Pizza”, per finire un’altra ho rinunciato a comprarmi dei pantaloni…..
Tutti i giorni taglio l’erba, tutti i giorni pulisco. E sono circa 10000 metri.

Lì hai la tua casa?

Ho una piccola casetta che è talmente piena di opere che quasi non c’entri più.
Io sono un sociologo moderno.

So che hai scritto una tua biografia…

“Ma quanto costa il pane?”, così si intitola la mia biografia coerente. Tutto ciò che avevo da raccontare sono riuscito a scriverlo lì. Un piccolo volume che ho voluto stampare sia in italiano che in inglese, lì c’è tutto, e dico sempre ai ragazzi delle scuole che vengono a visitare BUM BUM GA’ “Studiatemi èh, perchè io non ce la faccio a raccontare sempre tutto di me!”.  

Grazie Carmelo Librizzi per avermi regalato questa bellissima storia della tua vita dedicata completamente all’Arte, grazie delle

delle tue perle preziose, non vedo l’ora di poter sapere “Ma quanto costa il pane?”

B.B. (Tratto da “racconti di una Balena Blu)



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